Trattamento con Miofibrolisi-Massaggio_Kinesiterapia delle strutture miofasciali della spalla sofferente

Trattamento con Miofibrolisi-Massaggio_Kinesiterapia delle strutture miofasciali della spalla sofferente

Trattamento con Miofibrolisi-Massaggio_Kinesiterapia delle strutture miofasciali della spalla sofferente

ORZES SANTE. R.R.F. Feltre ULSS. N.2 (BL).

AMBROSONE MARIO. Spec. Ortopedia e Traumatologia. Presidio Ospedaliero Capitanio. Istituto Auxologico Italiano Milano.

ABSRACT

SCOPO: descrivere brevemente il trattamento della spalla (soprattutto dei tessuti molli) mediante massaggio-fibrolisi-stretching-kinesiterapia, basandosi anche sull’esame analitico della forza muscolare.

MATERIALI: con questo lavoro facciamo una breve descrizione dell’esame della forza muscolare analitico della spalla, che può dare informazioni che  rendono la diagnosi più chiara e profonda ed essere molto utili per il trattamento specifico. Questo esame, non deve essere considerato di affidabilità assoluta (basta una flogosi, una direzione dolorosa e tutto viene falsato), ma come uno strumento da usare con intelligenza, in grado di fornire un quadro diagnostico più completo. Facciamo qualche breve considerazione sulla sede dei PAM (punti algici miofasciali) e sul loro trattamento con miofibrolisi (rotori, puntali, uncini, coppette, massaggi, stretching etc). Facciamo brevi considerazioni sul muscolo interessato, sulle posizioni di allungamento usate anche per la miofibrolisi e sul trattamento kinesiterapico.

CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI

Molto frequentemente la spalla sofferente (di varia natura) è sede di tender-trigger points, fibrosi, sofferenze tendinee, legamentose etc. Questi possono condizionare in maniera importante la fisiologia della S.O. poiché possono rendere la contrazione del muscolo a cui appartengono  debole perchè dolorosa, oppure possono indurre una contrazione (protettiva antalgica) brusca e scoordinata di questo muscolo e/o degli eventuali agonisti se vengono stirati dolorosamente; lo stesso può avvenire se si tratta di legamenti, fasce etc. se sono sollecitati dalla direzione che causa loro il dolore Questo induce incoordinazione nel delicato meccanismo fisiologico della spalla alterando i rapporti statico-dinamici reciproci tra le varie componenti della S.O. e può causare dolore, impotenza, degenerazione, conflitti, eventuali rotture soprattutto se protratto nel tempo etc. Si può verificare ipotrofia-ipotonia muscolare (per limitare il dolore). Ad es. è tipico il risalimento-anteriorizzazione-rotazione interna della testa omerale dopo i 40 anni, età nella quale è difficile trovare una cuffia totalmente integra e non degenerata all’ecografia, RMN etc. Una buona fisiologia della spalla necessita di una contrazione indolore di tutte queste strutture e di un loro ottimo allungamento, anche se brusco, indolore anche a fine corsa. Secondo la nostra esperienza la maggior parte delle sofferenze di spalla croniche-subacute, ma talvolta anche acute, hanno una grossa componente, concausa, di questo tipo. Un PAM da solo può limitare in modo importante una o più direzioni e causare una significativa restrizione del ROM passivo ed attivo. In genere queste disfunzioni importantissime per la fisiopatologia (che non compaiono con evidenza nelle rx, RMN etc.) non vengono cercate, esaminate, trattate, anche se per noi rivestono una importanza uguale e forse superiore ai vari test che si effettuano per valutare l’ impingement etc. Frequentemente il miglioramento di queste sofferenze tendinee-muscolari-legamentose-connettivali (spesso misconosciute anche se in genere dolentissime alla pressione, allo stiramento, alla contrazione contrastata etc.) coincide con un netto miglioramento della fisiologia della spalla; molti dei test suddetti tendono a migliorare o a negativizzarsi; talvolta la terapia medica, infiltrativa, fisica o l’intervento chirurgico (di vario tipo, a seconda della patologia) non si rendono più necessari o sono sufficienti cure minori e meno invasive (con esiti funzionali altrettanto soddisfacenti).Secondo Travell J.G “un muscolo che contiene TP attivi è funzionalmente accorciato e un pò indebolito. I tentativi di estendere passivamente il muscolo fino alla sua lunghezza totale causano dolore, già a un allungamento inferiore al normale. La contrazione attiva del muscolo in posizione accorciata può causare dolore, ma con scarsa o nessuna limitazione del movimento in tale direzione. Qualunque movimento, specie veloce, che aumenti notevolmente la tensione del muscolo, sia l’allungarlo che il farlo contrarre, causa dolore. La debolezza viene diagnosticata studiando la forza muscolare….L’inattivazione dei TP responsabili, ripristina la forza normale” 

INTRODUZIONE

Molto frequentemente la spalla sofferente (di varia natura) è sede di tender-trigger points, fibrosi, sofferenze tendinee, legamentose etc. Questi possono condizionare in maniera importante la fisiologia della S.O. poiché possono rendere la contrazione del muscolo a cui appartengono  debole perchè dolorosa, oppure possono indurre una contrazione (protettiva antalgica) brusca e scoordinata di questo muscolo (e/o degli eventuali agonisti se vengono stirati dolorosamente); lo stesso può avvenire se si tratta di legamenti, fasce etc. se sono sollecitati dalla direzione che causa loro il dolore. Questo induce incoordinazione nel delicato meccanismo fisiologico della spalla alterando i rapporti statico-dinamici reciproci tra le varie componenti della S.O. e può causare dolore, impotenza, degenerazione, conflitti, eventuali rotture soprattutto se protratto nel tempo etc. Si può verificare ipotrofia-ipotonia muscolare (per limitare il dolore). Ad es. è tipico il risalimento-anteriorizzazione-rotazione interna della testa omerale dopo i 40 anni, età nella quale è difficile trovare una cuffia totalmente integra e non degenerata all’ecografia, RMN etc.(i muscoli della cuffia abbassano, centrano, ruotano esternamente e retropongono la testa dell’omero e una loro insufficienza causa questa malposizione statico-dinamica, cattivo centramento, disfunzione). Una buona fisiologia della spalla necessita di una contrazione indolore di tutte queste strutture e di un loro ottimo allungamento, anche se brusco, indolore anche a fine corsa. Secondo la nostra esperienza la maggior parte delle sofferenze di spalla croniche-subacute, ma talvolta anche acute, hanno una grossa componente, concausa, di questo tipo. Un Trigger-Tender Point, una contrattura, una fibrosi muscolare o altro possono da soli limitare in modo importante una o più direzioni e causare una significativa restrizione del ROM passivo ed attivo. In genere queste disfunzioni importantissime per la fisiopatologia (che non compaiono con evidenza nelle rx, RMN etc.) non vengono cercate, esaminate, trattate, anche se per noi rivestono una importanza uguale e forse superiore ai vari test che si effettuano per valutare l’ impingement etc. Frequentemente il miglioramento di queste  sofferenze tendinee-muscolari-legamentose-connettivali (spesso misconosciute anche se in genere dolentissime alla pressione, allo stiramento, alla contrazione contrastata etc.) coincide con un netto miglioramento della fisiologia della spalla; molti dei test suddetti tendono a migliorare o a negativizzarsi; talvolta la terapia medica, infiltrativa, fisica o l’intervento chirurgico (di vario tipo, a seconda della patologia) non si rendono più necessari o sono sufficienti cure minori e meno invasive (con esiti funzionali in genere altrettanto soddisfacenti).Secondo Travell J.G. [1]”un muscolo che contiene TP attivi è funzionalmente accorciato e un pò indebolito. I tentativi di estendere passivamente il muscolo fino alla sua lunghezza totale causano dolore, già a un allungamento inferiore al normale. La contrazione attiva del muscolo in posizione accorciata può causare dolore, ma con scarsa o nessuna limitazione del movimento in tale direzione. Qualunque movimento, specie veloce, che aumenti notevolmente la tensione del muscolo, sia l’allungarlo che il farlo contrarre, causa dolore. La debolezza viene diagnosticata studiando la forza muscolare….L’inattivazione dei TP responsabili, ripristina la forza normale”

-Con questo lavoro facciamo una breve descrizione dell’esame della forza muscolare analitico della spalla, che può dare informazioni che  rendono la diagnosi più chiara e profonda ed essere molto utili per il trattamento specifico. Questo esame, come del resto, secondo noi, molti altri test utilizzati per la diagnosi della spalla, non deve essere considerato di affidabilità assoluta (basta una flogosi, una direzione dolorosa e tutto viene falsato), ma come uno strumento da usare con intelligenza, in grado di fornire un quadro diagnostico più completo. Facciamo qualche breve considerazione sulla sede dei PAM (punti algici miofasciali) e sul loro trattamento con miofibrolisi (rotori, puntali, uncini, coppette, massaggi, stretching etc). Facciamo brevi considerazioni sul muscolo interessato, sulle posizioni di allungamento usate anche per la miofibrolisi e sul trattamento kinesiterapico.

TEST  DELLA FORZA MUSCOLARE.

-Accenniamo brevemente  ai test muscolari, utilizzati principalmente nella Kinesiologia Applicata[2,3], dei principali muscoli della spalla, che possono indicare una loro debolezza relativa. Questa è spesso (ma non sempre) causata da un punto algico miofasciale; questo in genere va trattato e dopo il suo miglioramento frequentemente il muscolo si rinforza e la spalla acquista una fisiologia migliore. Per quanto riguarda le posizioni utilizzate per il trattamento, che tendono a mettere il muscolo in stiramento submassimale, va detto che, dato soprattutto il dolore e la limitazione articolare, non sempre è possibile raggiungere queste posizioni (è sempre prudente non indurre, forzare o esacerbare il dolore a meno di avere molto chiaro quali strutture si vogliono forzare, stirare dolorosamente e perchè). In questi (frequenti) casi il muscolo si pone in allungamento massimo non doloroso (o si può tollerare un dolore lieve locale non proiettato); durante la cura si verifica se il trattamento stesso  concede maggior libertà non dolorosa al ROM; in questo caso si lavora con muscolo progressivamente più allungato (talvolta il range può diventare molto più libero e indolore). Gli assetti descritti per testare la forza muscolare non sono i soli usati; molti muscoli possono essere testati attraverso varie altre metodiche; considerazioni analoghe possono essere fatte riguardo alle posizioni di allungamento.

TRATTAMENTO DEI PAM. Questi possono venir trattati in varie maniere (massaggio, compressione ischemica, stiramento, spray refrigerante (es fluorimetano)[1], infiltrazione di sostanze anestetiche (es procaina[1]) o altro, agopuntura, mesoterapia, dry-needle etc.). Noi preferiamo trattarli soprattutto con massaggio e miofibrolisi [rotori di vario tipo e dimensione (soprattutto per indurre iperemia, drenare i cataboliti, apportare metaboliti, fare un’azione reflessoterapica, intaccare la struttura dei PAM etc), puntali di varia struttura e dimensione (per fare iperemia,  scollare i tessuti, agire più specificatamente sui PAM destrutturandoli etc), coppette di vario tipo (per creare iperemia, scollare i tessuti, ottenere un effetto emodinamico e reflessoterapico etc.) uncini di vario tipo e dimensione (per scollare i tessuti, agire sui muscoli, sulle fasce, sui legamenti, sui PAM, agire sulle cicatrici etc.)]. Chiaramente questi meccanismi d’azione si possono solo accennare e non sono separabili tra loro (ogni strumento citato fa un pò tutte queste azioni). L’uso di questo vario strumentario deve essere appreso attraverso corsi specifici, necessita di un approfondimento teorico-pratico prolungato nel tempo, va lungamente verificato con la pratica, adattato al singolo operatore e al singolo paziente e non è descrivibile in questo breve spazio.

-In questo lavoro tratteremo quasi esclusivamente l’aspetto muscolare perchè nella fisiopatologia della spalla i muscoli sono fondamentali. Questi (soprattutto il sottoscapolare, il sovra e sottospinoso e il piccolo rotondo che hanno tendini che si inseriscono sulla capsula), sono i maggiori responsabili della coattazione della gleno-omerale, poichè questa è strutturata senza incastro osseo e con legamenti deboli e insufficienti a mantenere la congruenza articolare; inoltre la scapola è molto dipendente dal sistema miofasciale che si inserisce su di essa. Faremo prevalentemente delle osservazioni teoriche su questo aspetto.

-CENNI SUI MUSCOLI E SUI COLLEGAMENTI MIOFASCIALI DELLA SCAPOLA.[4,5,6,7]E’ necessario accennare ai muscoli che si inseriscono sulla scapola, data la loro importanza nella fisiologia della spalla. Questo osso presenta collegamenti miofasciali con molte strutture, anche lontane. Per questo la sua posizione è data soprattutto dalla somma di queste tensioni che dipendono da vari fattori; essa a sua volta influenza, unisce molte parti del corpo. La scapola è collegata all’omero attraverso il sovraspinoso, il sottospinoso, il piccolo rotondo, il sottoscapolare, il gran rotondo, il deltoide, il coraco-brachiale, il gran dorsale (in maniera incostante); è unita al radio attraverso i due capi del bicipite e all’ulna mediante il capo lungo del tricipite. L’omo-joideo la rende strettamente interdipendente, attraverso lo ioide, con la lingua, la mandibola, il cranio, lo sterno etc. Essa è mantenuta in sede contro la convessità toracica da 5 (6) muscoli: il trapezio (dalla linea occipitale superiore, dal legamento nucale e dalle spinose fino a D12); i romboidi (grande e piccolo, dalle spinose da C7 a D4); l’angolare (dalle trasverse da C1 a C4); il gran dentato (prime 8-10 coste); il piccolo pettorale (3°-4°-5°costa) e il gran dorsale che presenta una inserzione incostante nell’angolo inferiore. Questi 6 muscoli lo collegano in modo potente e importante con il cranio, il rachide cervicale, dorsale e lombare, il bacino, le coste etc. E’ collegata alle coste attraverso il gran dentato, il piccolo pettorale, il gran dorsale. E’ evidente che la posizione della scapola e quella di tutte queste strutture si influenzano reciprocamente; è sufficiente una disfunzione, anche piccola (es. un TP), di una sola di queste regioni per modificare tutta la fisio-patologia di questo insieme.

-Descriviamo progressivamente alcuni muscoli, accenniamo alla loro innervazione, inserzioni ed azioni, all’esame analitico della loro forza e alla posizione di trattamento in allungamento.

CENNI SUI TEST MUSCOLARI, SULLE POSIZIONI DI ALLUNGAMENTO, OSSERVAZIONI ANATOMOFISIOPATOLOGICHE SU ALCUNI MUSCOLI.

-Va detto che in genere i PAM dei muscoli tendono a limitare soprattutto le direzioni nelle quali questi vengono messi in allungamento (usate anche per lo stretching, che verranno descritte).

Trapezio superiore. Dal 1/3 mediale della linea nucale, protuberanza occipitale esterna, legamento nucale e spinosa C7 va al 1/3 laterale della clavicola e all’ acromion. Bascula esternamente la scapola e la adduce; inclina il cranio-collo omolateralmente e lo ruota controlateralmente. Nervo(N.) accessorio spinale e rami ventrali di C2-C3-C4. TEST Muscolare (M).: paziente seduto: eleva la spalla e inclina omolateralmente, con lieve rotazione controlaterale, capo e collo. L’esaminatore tenta di distanziarli. Il trattamento dei TP si effettua da seduto abbassando la spalla omolaterale e inclinando il capo e collo controlateralmente.

Trapezio medio. Processi spinosi D1-D5. N. accessorio spinale e rami ventrali di C2-C3-C4. TEST M.: paziente prono con gomito esteso, omero a 90°di abduzione e rotazione esterna (pollice verso il soffitto). L’esaminatore, spingendo sul gomito, dirige la forza verso il pavimento. Il trattamento dei TP si effettua da seduto con le braccia conserte o incrociate fino a raggiungere il bracciolo opposto con la mano, il paziente si ingobbisce e trattiene un po’ il torace in inspirazione.

Trapezio inferiore: spinose D6-D12. N. accessorio spinale e rami ventrali di C2-C3-C4. TEST M.: paziente prono, gomito in estensione e rotazione esterna (pollice verso il soffitto) a circa 150° di abduzione. L’esaminatore, spingendo sul gomito, dirige la forza verso il pavimento. Il trattamento dei TP si effettua da seduto con braccia conserte, capo flesso,facendo la gobba e trattenendo un po’ il torace in inspirazione. Le sedi dei frequenti PT del trapezio possono essere viste in[1].

-Parliamo del dentato anteriore data la sua importanza nel basculamento esterno scapolare.

Questo muscolo abduce la scapola e la ruota esternamente, tiene il bordo scapolare accollato alla gabbia toracica, la stabilizza durante l’elevazione. E innervato dal nervo toracico lungo che origina dalla ramificazioni anteriori della 5°-6°-7°-(8°) radice cervicale, appena queste escono dai forami intervertebrali. E’ composto da tre gruppi di fibre: 1) il superiore che va dall’angolo superiore della scapola alla 1° e talvolta 2° costa ed è quasi parallelo alle coste sottostanti; 2) il medio che si porta a 45°, da tutto il margine mediale della scapola, alla 2°- 4°costa; 3) l’inferiore che va dall’angolo inferiore della scapola alla 5°-(8°-10°)°costa ed è il gruppo più forte e forma un ventaglio a quarto di cerchio; le fibre che si portano alle coste inferiori si intrecciano anteriormente con quelle dell’obliquo esterno. La contrazione delle fibre più caudali è la più importante nel far ruotare la scapola in modo che la glenoide si volga verso l’alto.  E’ evidente che tanto più la scapola è basculata in fuori e tanto più la glenoide e la volta coraco-acromiale sono orientati in alto (o vengono maggiormente innalzate durante l’abduzione), tanto meno il trochite tende a cozzare contro la volta coraco-acromiale, poiché l’incuneamento avviene a gradi maggiori di abduzione omerale. E’ logico anche il contrario.

-Sohier R. e coll. [8] ritengono che la caduta della spalla, determinata per loro dall’ipotonia del gran dentato, stiri il trapezio superiore e il nervo sovrascapolare (stirato nell’incisura coracoidea dove si incunea ed è messo in tensione); questo può causare un’atrofia neurogena dei muscoli sovra e sottospinoso e dare di conseguenza un risalimento dell’epifisi omerale. Il trapezio superiore si pone in contrattura antalgica e questo fa risalire il moncone della spalla; questo muscolo così tende ad andare in fibrosi. Per riarmonizzare globalmente questa disfunzione propongono la tonificazione muscolare del gran dentato. Molti autori, es. Wilke K e coll.[9] sottolineano l’importanza di ripristinare il tono, il trofismo e la perfetta coordinazione di questo muscolo nelle s. da impingement.    

Dentato anteriore.  TEST M.:omero a 100-130° di flessione e lieve abduzione, questo porta l’angolo inferiore della scapola in abduzione e la glenoide in rotazione esterna. L’esaminatore preme contro l’omero o il polso verso l’estensione e l’adduzione, controllando con l’altra mano il movimento dell’angolo inferiore della scapola. TP si riscontrano frequentemente a livello della linea ascellare circa all’altezza della 5-6° costa. Si trattano con paziente sdraiato sul fianco opposto, con retropulsione massima della scapola portando il braccio indietro

-Il ruolo del gran dorsale è importante nella spalla; le opinioni sulla sua funzione e sul suo trattamento non sono univoche; ne riporteremo alcune. Esso si inserisce, oltre che sull’omero, sulle ultime 4 coste, sulle spinose da D6 in giù fino alla cresta sacrale, sulla cresta iliaca e incostantemente sull’angolo inferiore della scapola. Fa parte del sistema incrociato posteriore; unisce tutte queste strutture (come si vede anche il bacino con l’omero). Tra l’altro limita la abduzione-anteriorizzazione-elevazione dell’omero (lo tira in basso-dietro) e impedisce indirettamente l’anteriorizzazione e l’elevazione del moncone della spalla. A questo riguardo alcuni autori, soprattutto di estrazione Mezieristica, es.[10,11] ritengono che la maggior parte delle “periartriti” sia causata dalla retrazione degli adduttori-rotatori interni. Questi (gran dorsale, gran rotondo, sottoscapolare, gran pettorale), se raccorciati o sede di T.P. possono far sì che gli abduttori-rotatori esterni principali (deltoide, sovraspinoso, sottospinoso, piccolo rotondo), tra l’altro più deboli, non possano più svolgere la loro azione senza soffrire, per il mancato adeguato rilasciamento degli antagonisti durante l’arco di movimento. Per questo motivo essi ritengono prioritario e indispensabile allungare questi (ed altri, prevalentemente appartenenti alle catene posteriori) muscoli attraverso posture prolungate che non concedono compensi, aiutandosi con una respirazione che si concentra soprattutto su una espirazione rilassata e profonda [per antagonizzare la tendenza naturale dell’uomo a retrarre i muscoli in inspirazione, probabilmente per limitare o non sentire la paura e l’angoscia, es. del parto o dell’abbandono (è difficile che una persona impaurita o tesa espiri di sollievo in maniera rilassata)].

-Altre scuole, invece, nella s. da impingement rinforzano, tonificano il gran dorsale, assieme al gran rotondo, anche in forte accorciamento. Questo viene effettuato perchè l’azione potente di questi muscoli di abbassamento dell’omero riesce ad evitare il risalimento della testa dell’omero, nella statica e nella dinamica e quindi ad evitare il trauma che il trochite e la cuffia subiscono cozzando contro la volta coraco-acromiale. A questo riguardo, secondo [8], il sovraspinoso, il sottospinoso, il piccolo rotondo, il sottoscapolare e il capo lungo del bicipite tirano la testa omerale in basso e dentro (la centrano nel movimento) e si oppongono, con il gran dorsale e il gran rotondo, alla risalita della testa omerale (disfunzione frequente e quasi costante a 40 anni, generalmente associata alla sublussazione anteriore e alla retroversione della testa) che viene causata dal deltoide, soprattutto medio, dal capo breve del bicipite, dal capo lungo del tricipite, dal coraco-brachiale e dal capo clavicolare del gran pettorale.

Clinicamente e radiologicamente (ecografia, R.M.N. etc.) è molto frequente riscontrare la debolezza, la degenerazione o la rottura, anche parziale, della cuffia (soprattutto sovraspinoso); è evidente che la funzione di abbassamento, di rotazione esterna, di posteriorizzazione, di centramento della testa viene, con l’età, i traumi etc. progressivamente a mancare e che quindi l’ equilibrio tra innalzatori e abbassatori della testa tende a rompersi facendo prevalere l’azione dei primi poichè i secondi diventano insufficienti. E’ chiaro che, oltre ad antagonizzare il più possibile l’insufficienza degli abbassatori suddetti, spesso è indispensabile aiutarsi anche con il gran dorsale e il gran rotondo, anche se questi muscoli sono prevalentemente tonici, meno propriocettivi e fini dei primi. Secondo noi questi due muscoli, come già detto, vanno spesso allungati, liberati dai PAM; in genere è meglio non tonificarli in maniera importante, soprattutto in accorciamento e soprattutto nella loro componente tonica (con contrazioni lente), poichè normalmente sono già abbastanza forti; vanno però allenati propriocettivamente ad abbassare la testa dell’omero nella statica e nella dinamica. E’ un lavoro lungo che viene fatto anche nel tay-chi che racchiude un’antica saggezza che comincia solo da poco a divenire attuale in riabilitazione.    

Gran dorsale. Nervo toracodorsale dal plesso brachiale C6-C8. TEST M.: in piedi o da seduto (o prono o supino). Il paziente tiene il braccio in adduzione e rotazione mediale, col gomito esteso. L’esaminatore stabilizza con una mano la spalla per prevenire che il paziente fletta lateralmente il tronco o elevi la spalla; preme sul polso, senza causare dolore, tentando di abdurre e flettere lievemente l’omero. I PT si localizzano, tra l’altro, frequentemente alcuni centimetri sotto l’apice dell’arco della piega ascellare posteriore, all’interno, circa a metà della scapola e vengono evidenziati da supino con omero abdotto a circa 90° ed extraruotato. Si trattano con omero abdotto ed extraruotato progressivamente.

Gran rotondo:adduce, ruota medialmente e porta in estensione l’omero; se il braccio è fissato abduce ed eleva l’angolo inferiore della scapola. Nervo scapolare inferiore; C5-C7. TEST M.: pz prono con omero esteso e abdotto e gomito flesso con il polso contro la parte superiore della cresta iliaca (se ha un range adeguato). L’Es stabilizza la spalla opposta (o non occorre se il test si fa bilaterale) e preme contro il gomito per tentare di indurre una abduzione-flessione dell’omero. I TP si cercano a paziente supino con braccio abdotto a 90° e parzialmente extraruotato. Sono situati in genere un po’ più in alto di quelli del gran dorsale. Vengono trattati con omero in abduzione- rotazione esterna.

Gran Pettorale (divisione sternale). dal bordo laterale della doccia bicipitale dell’omero alle prime 5-7 coste. adduce l’omero verso l’iliaca opposta. Tende anche a tirare, a decentrare in avanti la testa dell’omero. N. pettorale laterale e mediale C5-C6-C7-C8-D1. TEST M.: gomito esteso,  omero flesso a 90° e intraruotato in modo che il pollice guardi verso i piedi. L’esaminatore preme, stabilizzando la cresta iliaca superiore opposta, sul polso verso l’abduzione e la flessione.

Gran Pettorale (divisione clavicolare). Flette e adduce l’omero verso la spalla opposta. N. pettorale laterale C5-C6-C7. TEST M.: paziente supino con gomito esteso,  omero flesso a 90° e intraruotato in modo che il pollice guardi verso i piedi. L’esaminatore preme, stabilizzando la spalla opposta, sul polso verso l’abduzione e lieve estensione. Si esaminano i TP palpando le sezioni clavicolare, sternale e costale. Quelli della porzione clavicolare si trattano con braccio extraruotato ed esteso orizzontalmente; quelli della parte sternale intermedia con braccio abdotto a 90°, extraruotato e spinto indietro;quelli della parte costale con braccio flesso al massimo-extraruotato

-Deltoide medio.N.ascellare C5-C6.Abduce l’omero. TEST M.: il pz. in piedi o seduto tiene l’omero a 90°di abduzione senza rotazione (gomito flesso); l’esaminatore preme verso l’adduzione verso la parte distale dell’omero.

Deltoide anteriore: abduce, flette e intraruota l’omero. N.ascellare C5-C6. pz nella posizione precedente ma con lieve rotazione esterna e flessione dell’omero. TEST M.:L’esaminatore stabilizza la parte posterosuperiore della spalla e preme la parte esterna dell’omero verso la adduzione e lieve estensione.

Deltoide posteriore: N.ascellare C5-C6. induce abduzione, lieve estensione e rotazione esterna dell’omero. TEST M.: pz con posizione simile alla precedente con lieve estensione e intrarotazione. L’esaminatore stabilizza la parte anteriore della spalla e preme la parte distale dell’omero verso la adduzione e lieve flessione. I TP del deltoide anteriore sono maggiormente nella parte alta, davanti all’articolazione gleno-omerale e si trattano con omero abdotto a 90°-extraruotato-retroposto. Quelli della parte posteriore sono posti in genere più distalmente e vengono trattati intraruotando l’omero e tirandolo controlateralmente e verso l’alto davanti al torace del paziente (questa posizione stira anche il sovra-sottospinato). Il deltoide medio può essere stirato-trattato con omero addotto-extraruotato o retroposto-addotto-intraruotato.

Esistono manovre per rilassarlo. Esistono esercizi (es. nel tay-chi, es C. Perfetti) per imparare ad anteporre, ruotare ed abdurre l’omero elicitando poco il trapezio superiore ed il deltoide (cioè si apprende a muovere l’omero senza causare impingement). Se il muscolo è ipotrofico va tonificato.     

Coracobrachiale. Flette e adduce l’omero. N. muscolocutaneo C6-C7.TEST M.: seduto o supino, con omero flesso e in lieve extrarotazione. Gomito flesso per ridurre l’azione del bicipite. L’ esaminatore preme verso l’estensione e una lieve abduzione. I TP si trattano con braccio abdotto-extraruotato con una certa cautela date le strutture attigue (fascio vascolo-nervoso ascellare).

Tricipite. (capo lungo). N. radiale C6-C7-C8-D1.TEST M.: gomito flesso a 45° e resiste al tentativo di fletterlo. Può presentare TP in varie sedi e si trattano con omero flesso al massimo con gomito flesso-supinato.

Il piccolo pettorale [5,12,13,14,15,16] coracoide -> 3°-4°-5° costa. Prendendo inserzione superiore eleva, impedisce l’abbassamento delle coste su cui si inserisce; per molti autori francesi, più che essere un inspiratore accessorio è un muscolo che limita la espirazione (la sua retrazione si associa in genere a quella degli scaleni che impediscono, tra l’altro, la discesa delle prime due coste). Se prende inserzione inferiore (ev. per prevalenza della catena crociata anteriore di cui fa parte), abbassa, ruota internamente e abduce la scapola, la tira in basso-avanti; anche la glenoide si rivolge verso l’avanti-basso; contemporaneamente questo solleva il margine mediale e l’angolo inferiore allontanandoli dalle coste. Impedisce il basculamento esterno della scapola (in questo caso può essere favorito l’impingement poichè la volta resta in basso o fa un arresto brusco mentre la scapola ruota esternamente, l’omero si flette o abduce e il trochite ruota verso l’alto). Può essere causa o concausa importante di conflitto subacromiale e quindi va quasi sempre allungato, liberato dai TP.  Per noi va raramente tonificato, soprattutto in accorciamento .

Piccolo Pettorale. N. pettorale mediale dal plesso brachiale. C6-C7-C8-D1. TEST M.. paziente supino: alza, adduce e inferiorizza il moncone della spalla. L’esaminatore preme il moncone verso il tavolo, nelle direzioni opposte. I TP si trattano con omero abdotto e spalla spinta indietro.

E’ importante a questo proposito accennare alle catene crociate del tronco (Busquet L.[17,18]).   Partendo es. dall’iliaca dx, troviamo le fibre ileo-lombari del quadrato dei lombi dx. Queste continuano a sn con il piccolo obliquo (spinosa di L5) e il piccolo dentato postero-inferiore (spinose D12-L3), raddoppiati in avanti dalle fibre lombocostali del quadrato dei lombi. La catena si continua con gli intercostali interni sn e il grande obliquo dx (7 ultime coste), completato dietro dalle fibre ileo-lombari del quadrato dei lombi dx e  sopra dagli intercostali esterni dx e dal piccolo dentato postero-superiore dx (prime 4 coste->spinose C7-D4). Questa catena si continua superiormente, verso il cingolo scapolare, con: a)triangolare dello sterno(3°-6° costa), piccolo pettorale (3°-5°costa) e, (attraverso la scapola) trapezio inferiore (spinose fino a D12); b) grande obliquo, gran dentato, romboidi (spinose C7-D4). Il gran pettorale continua anteriormente la catena nell’arto superiore; questa azione è fatta posteriormente dal gran dorsale e gran rotondo. Il grande gluteo completa la catena verso l’arto inferiore (ha continuità di piano e di fibre con la aponevrosi lombare, resa più intima dal quadrato dei lombi).

I muscoli della cuffia (sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo) vanno quasi sempre tonificati e accuratamente preservati (tendono, soprattutto il primo, a degenerare quasi fisiologicamente con l’età). Il loro ruolo, soprattutto propriocettivo di abbassamento, di centramento della testa omerale è fondamentale nel movimento della gleno-omerale; una loro insufficienza causa impingement per i motivi suddetti. Essi dipendono prevalentemente dalle radici C5-C6; queste provengono da segmenti cervicali quasi fisiologicamente sede di disfunzione (basti vedere la frequenza di artrosi, di degenerazioni discali e di ernie di varia entità, nelle radiografie, nelle T.A.C., nelle R.M.N. etc., dei segmenti C4-C5-C6; è raro che queste strutture siano integre!). Una radicolopatia acuta o cronica non può lasciare integri i muscoli che dipendono da essa, attraverso vari meccanismi; accenneremo ad alcuni di essi. 1) Attraverso contratture, anche di poche fibre, T.P. etc., che dipendono prevalentemente da una iperattività delle cellule alfa della radice anteriore irritata a vari livelli, si possono creare, tra l’altro, zone anche piccole di ischemia e di insufficiente drenaggio dei cataboliti; questo può instaurare un processo di automantenimento che porta a una progressiva degenerazione delle fibre. 2) Il sistema simpatico compresso o alterato dalla disfunzione somatica porta ad una alterazione della vascolarizzazione, del ph etc. [19]. 3) Anche una compressione delle fibre sensitive afferenti posteriormente può inviare informazioni alterate alle corna anteriori e intermedie con le conseguenze rispettivamente motorie e vegetative suddette. E’ chiaro che tutte queste alterazioni si associano e interagiscono intimamente nel causare la disfunzione degli effettori.

-Dicke E.[20] ritiene che spesso la causa della periartrite di spalla sia da ricercare in una discopatia degenerativa del tratto inferiore del rachide cervicale con azione neurodistrofica. Leube H. T. [21], Kohlraush W.[22], Colombo I. e coll.[23,24], Brigo B. e coll.[25] concordano.

-Secondo Korr I.M., citato tra l’altro da [19], [26], le disfunzioni vertebrali sono associate a una ipereccitabilità del segmento del midollo spinale corrispondente; questa ipereccitabilità può estendersi a tutti i neuroni che hanno il proprio corpo cellulare in questo segmento. I muscoli dipendenti da questa area saranno maggiormente soggetti alla contrazione, essendo abbassato il limite di eccitazione; probabilmente coesistono turbe circolatorie e trofiche indotte, tra l’altro, dalla perturbazione del sistema neuro-vegetativo; anche le varie afferenze sensitive possono venire alterate.

-Ricordiamo a questo riguardo che Maigne R.[27], citando Lacapere J., afferma che: “la spalla non è niente, il collo è tutto” e ritiene che molti dolori alla spalla rientrino in quella che definisce “sindrome cellulo-tendino-mialgica”, di origine cervicale. Segnala che certi dolori di spalla possono recedere istantaneamente dopo una manipolazione cervicale, anche se questa non può risolvere tutti i problemi di spalla.

-Anche Lovati L.[28] ritiene che nella patologia della spalla le lesioni isolate siano un’eccezione e per lo più vi sia un’embricazione o un’associazione tra numerosi elementi.

-Per Starks R., citato da [26], che peraltro non concorda con questo autore, quando esiste una periartrite di spalla troviamo sempre una lesione anteriore di C5.

-Soprattutto il sovraspinoso, ma anche gli altri, es. il deltoide, in caso di trauma o sofferenza acuta possono andare incontro ad un’atrofia anche rapida probabilmente per un riflesso antalgico.

Questi muscoli, con il sottoscapolare, hanno una funzione prevalentemente tonica, propriocettiva, di stabilizzazione, di protezione. E’ importante tonificarli più volte al giorno con movimenti lenti, controllati, indolori, a basso carico.

Sovraspinato: N. sovrascapolare C4-C5. abduce l’omero e tiene la testa, centrata, nella cavità. TEST M.:pz in piedi o seduto con braccio abdotto di 15°con il dorso del polso che guarda avanti. L’esaminatore preme sul polso verso l’adduzione e lieve estensione. Trattamento.[1] descrive un TP mediale, uno laterale e uno nel tendine, vicino alla sua inserzione sul trochite. La loro presenza e la contrattura delle fibre probabilmente interferisce con il normale scivolamento della testa dell’omero nella fossa glenoidea. Questi possono venire trattati, in genere con braccio dietro la schiena per allungare il muscolo, con massaggio, rotori, puntali, uncini etc. Va usata una certa delicatezza nel trattare il tendine. E’ meglio trattare i TP degli altri muscoli prima di trattare quelli del sovraspinoso, data la relativa fragilità di questo tendine [spesso degenerato e sede di rotture (spesso parziali), dati i suoi rapporti]

Sottospinato.  extraruota e stabilizza l’omero. N. sovrascapolare C5-C6. TEST M.: paziente prono con gomito flesso e omero abdotto a 90° ed extraruotato. L’esaminatore preme contro il polso , tenendo il gomito, per effettuare una intrarotazione. Sede frequente di TP. Vengono trattati con braccio addotto fino a portare la mano ad afferrare il bracciolo opposto della sedia o con omero intraruotato-retroposto-addotto. Il PT principale è in genere  equidistante dalla spina e dal margine vertebrale, caudale rispetto alla giunzione del 2° e del 3° quarto della lunghezza della spina. Poi ci sonio altre sedi di TP.

Piccolo rotondo.extraruota l’omero e lievemente lo adduce ed estende. N. circonflesso C4-C5-C6. TEST M: Paziente supino o seduto; flette il gomito e extraruota l’omero. L’esaminatore, stabilizzando il gomito, tenta di intraruotare l’omero premendo sul polso.I TP si trattano con omero abdotto-intraruotato.

-Dobbiamo accennare alle frequenti disfunzioni dell’articolazione acromion-claveare dati, tra l’altro, gli stretti rapporti che questa articolazione ha soprattutto con la parte distale del sovraspinoso; per [26] questa articolazione è coinvolta nell’85% delle patologie della spalla, sia come causa primaria che come effetto secondario. Per R. Pekham, citato da [26] la clavicola “Dirige il movimento della scapola in maniera tale che questa possa essere collegata al torace, in qualsiasi momento e in qualsiasi posizione… è come un raggio attaccato allo sterno… i meccanismi di protezione dei tronchi brachiali dipendono largamente dalla capacità della clavicola di assolvere alle sue innumerevoli funzioni”. Sulla clavicola si inseriscono il deltoide, il gran pettorale, il succlavio, lo sterno-cleido-ioideo, il trapezio superiore e lo S.C.O.M. Su questo osso si inseriscono anche: 1) la aponevrosi cervicale superficiale (dalla protuberanza occipitale esterna, dalla linea curva occipitale superiore, dalla faccia esterna dell’apofisi mastoidea, dal bordo inferiore della mandibola e della sinfisi mentoniera si porta alla forchetta sternale, ai 2/3 interni del bordo anteriore della clavicola, all’acromion e al bordo posteriore della spina della scapola; questa, se tesa, può indurre una rotazione posteriore della clavicola); 2) la aponevrosi cervicale media (dallo ioide si porta alla forchetta sternale, ai 2/3 interni del bordo posteriore della clavicola, alla 1°costa e all’incisura coracoidea; una sua tensione può dare una rotazione anteriore della clavicola) e 3) la aponevrosi clavi-pettorale-ascellare (sul 1/3 medio della faccia inferiore, sulle due labbra del solco del muscolo succlavio). Queste strutture muscolari e fasciali condizionano pesantemente l’assetto clavicolare e ne sono condizionate; possono essere causa di disfunzioni di questo osso ma possono anche soffrire secondariamente per queste; vanno sempre valutate e spesso normalizzate nelle patologie di spalla.

-Tra queste troviamo: il trapezio e lo S.C.O.M. Questi sono innervati dal nervo spinale (XI) la cui radice midollare origina a livello dei primi 4-5 metameri cervicali. Questa radice midollare sale sul canale rachideo, penetra nel cranio attraverso il foramen magnum e raggiunge la radice bulbare per formare il nervo spinale. Questo ritorna esocranico attraverso il forame lacero posteriore e si divide in una branca esterna ed una interna. La branca esterna innerva trapezio e S.C.O.M. E’evidente che la fisiologia ottimale di questi due muscoli presuppone, tra l’altro, l’integrità anatomo-fisiologica dei primi metameri cervicali, del foramen magnum e del forame lacero posteriore (attraverso questo forame passano la vena giugulare, che drena la maggior parte del sangue venoso intracranico, l’arteria meningea posteriore e i nervi cranici IX, X, XI). Questi due muscoli sono importanti per la spalla e in particolare per la clavicola (il primo si inserisce sul 1/3 esterno e lo S.C.O.M. sul 1/3 interno di questo osso, quindi sono complementari e si equilibrano nell’elevazione del moncone della spalla e nella cefalogiria). E’ utile dire che molti muscoli di questa regione, ma soprattutto il trapezio, gli scaleni, gli S.C.O.M., l’angolare, i muscoli posteriori del collo e i romboidi sono sede di tensioni croniche dovute a problemi psicologici, stress etc. (in queste sedi si localizzano prevalentemente sconfitta e rabbia represse).

SucclavioC5-C6.Non testato con il normale esame muscolare ma con therapy-localization[2].Può essere sede di TP in genere nella parte mediale.

S.C.O.M. N. accessorio spinale e branche anteriori di C2-C3. TEST M.: il paziente supino con omeri abdotti e gomiti flessi, ruota il capo controlateralmente e lo solleva dal tavolo. L’esaminatore preme contro l’area temporale in direzione postero-laterale.

-Il sottoscapolare [29] ruota internamente e adduce l’omero; ha un ruolo prevalentemente di coattazione, di centramento della testa omerale; evita soprattutto che questa si sublussi in avanti soprattutto quando si alza-abduce il braccio e controlla tonicamente la rotazione esterna. Per molti, es. [30,31,32,33,34] la sua funzione di rotatore interno è modesta; questa azione viene svolta prevalentemente, in modo potente, dal gran dorsale, gran rotondo e gran pettorale che hanno come antagonista, nella rotazione, soprattutto il piccolo rotondo che è molto più debole (la leva del sottospinoso è meno favorevole). Secondo molti, es. [9],[35] possono crearsi aderenze tra lui e la capsula; per questo va sempre ripristinato il più possibile il suo scorrimento (trattamento manuale, miofibrolisi, posture etc.). Per[1] in ogni periartrite esiste sempre un T. P. del sottoscapolare, anche negli emiplegici, e va trattato. Ad esso si associano in genere sofferenze della capsula inferiore (retrazione del legamento gleno-omerale inferiore soprattutto, fatto ad amaca). Oltre che liberarlo dalle aderenze e dai T.P., questo muscolo va quasi sistematicamente tonificato con movimenti pluriquotidiani di bassa velocità e carico per favorire la sua componente tonica di centramento e abbassamento della testa omerale. Questa azione tonica è importantissima nella rieducazione della spalla; il ripristino della fisiologia di questo muscolo riesce a limitare le sublussazioni e le instabilità, soprattutto antero-superiori, così frequenti nelle patologie della gleno-omerale.

-Sottoscapolare. N. sottoscapolare inferiore e superiore C5-C6. TEST M.: Paziente prono con omero abdotto a 90° e intraruotato e gomito flesso a 90°. L’esaminatore tenta di fare una extrarotazione premendo sul polso. Può venire testato in diverse altre posizioni. I TP si riscontrano più frequentemente lungo il margine ascellare della scapola o più medialmente. Si esaminano-trattano con omero in abduzione a 90° e in extrarotazione.

Il capo breve del bicipite e il coraco-brachiale tendono ad innalzare l’omero; esistono manovre specifiche per rilassarli. Per[36] rilasciando la tensione di questi due muscoli si favorisce il ricentramento della testa omerale; noi preferiamo aggiungere a questo il trattamento dei PAM e il riequilibrio globale delle catene muscolari. Anche il capo lungo del bicipite tenderebbe ad innalzare l’omero ma il suo percorso nella doccia bicipitale fa sì che questo muscolo sia un importante centratore, abbassatore della testa dell’omero. Secondo la maggior parte degli autori classici il suo tendine tende a soffrire per il superlavoro quando l’azione di abbassamento della cuffia tende a indebolirsi per i motivi suddetti, ma per [17-18] è la sofferenza e la conseguente insufficienza di questo muscolo che causa la risalita della testa dell’omero e la sofferenza secondaria soprattutto del sovra e sottospinoso. Per questi autori il sottospinoso, che è orizzontale, non può opporsi alle forze ascendenti dell’omero che sono ad esso perpendicolari; esso ha una funzione accessoria di abbassamento solo quando l’abduzione è molto marcata. Per loro il c.l.b. è il principale abbassatore della testa e in presenza di una tendinite o di una sinovite questa azione viene a mancare e si ha un sistematico risalimento dell’omero; il tendine del sottospinoso può venire irritato sotto l’acromion; si può avere una contrazione di questo muscolo senza osservare abbassamento della testa. Si può avere una sublussazione del tendine del c.l.b. nella doccia bicipitale e questo tende ad irritarlo; esistono manovre specifiche per ricentrarlo.

Bicipite.(capo lungo e breve)N. muscolocutaneo C5-C6.TEST: avanbraccio flesso a 75°supinato; tenta di resistere alla estensione. Si esamina con omero lievemente abdotto-extraruotato e gomito lievemente flesso e si cercano i TP soprattutto nel 1/3 distale del muscolo. Si trattano con omero abdotto a 90°, extraruotato, con avanbraccio pronato Il tendine del c.l.b può essere trattato e massaggiato con delicatezza (per non peggiorare la sua lesione), per ridurre la flogosi, per liberarlo da eventuali aderenze, per far scivolare meglio tra di loro i vari piani di scorrimento etc.

L’angolare della scapola e i romboidi sono muscoli tonici. Secondo [30-34] l’asse dei movimenti della scapola coincide con l’angolo superiore perchè questo è fissato alla C7 dal piccolo romboide, alla 1°-2°costa dal gran dentato superiore, alle prime 4 cervicali dall’angolare e alle spinose fino a D12 dal trapezio inferiore. Questi due muscoli sono spesso sede di retrazioni miofasciali, contratture, trigger points etc.; è importante detenderli, allungarli, riarmonizzarli assieme alle catene cinetiche di cui fanno parte. Il romboide conduce la scapola verso il rachide, la eleva e soprattutto con le fibre inferiori più oblique la fa oscillare verso il basso, in sinergia con il piccolo pettorale; per questo può favorire il conflitto subacromiale e va accuratamente normalizzato. Anche l’angolare tende far basculare internamente la scapola. Tra l’altro l’angolare può avere un ruolo importante nelle disfunzioni cervicali medio-alte, mentre i romboidi sono spesso in causa nelle alterazioni cervicali basse e toraciche alte. E’ frequente che questi muscoli, come molti altri di quelli citati in precedenza, presentino T.P., tensione e lunghezza asimmetriche [38,39,40].

Romboide. Piccolo: legamento nucale, spinose C7-T1. Grande. Spinose D2-D5. N. Scapolare dorsale C4-C5. TEST M.: paziente seduto, adduce e eleva lievemente la scapola. L’esaminatore tenta di abdurre l’omero e osserva l’abduzione della scapola. L’esame mostra, attraverso il trapezio sovrastante, in genere TP multipli vicino e medialmente al margine mediale della scapola. Si trattano con paziente seduto e scapole protratte e distanziate (braccia pendenti tra le ginocchia).

Elevatore della scapola: Trasverse C1-C4. N. scapolare dorsale C4-C5-C6. Eleva e un po’ adduce la scapola, la fa basculare internamente. TEST M.:paziente seduto con inclinazione omolaterale sostenuta del tronco. Omero addotto e lievemente esteso. Il paziente eleva e adduce il bordo superiore della scapola. L’esaminatore tenta di abdurre l’omero osservando il movimento dell’angolo superiore della scapola. I TP si localizzano in genere 1) all’emergenza del muscolo sotto il trapezio superiore, a livello dell’angolo del collo, e 2) appena sopra l’inserzione del muscolo sull’angolo superiore della scapola. Si trattano con pz seduto,fissando verso il basso-dietro la scapola e inclinando-lievemente ruotando il collo dalla parte opposta.

-Il movimento, [40,41,42,43,44,45,46,47,48]soprattutto di abduzione e flessione, coinvolge necessariamente la colonna dorsale e lombare in estensione (e in rotazione omolaterale se viene effettuato da un solo braccio; nella antepulsione omerale media si ha una rotazione controlaterale); in realtà il movimento di queste strutture inizia molto precocemente e si svolge in maniera coordinata e proporzionale con quello della spalla. Il torace e quindi le coste devono effettuare una rotazione omolaterale al braccio abdotto e una estensione. E’ evidente che se due o più vertebre presentano tra loro un deficit, soprattutto doloroso, di convergenza o se una o più coste presentano una limitazione dolorosa nell’articolarsi in questa direzione con la trasversa o con i corpi vertebrali, l’organismo, che soggiace principalmente al principio del non dolore, tende a proteggersi, (anche bruscamente e anarchicamente) dal movimento doloroso stesso. E’ chiaro che all’interno del movimento volontario coordinato e finalizzato, può instaurarsi un arresto difensivo dovuto principalmente alla cocontrazione di muscoli spinali o costali che interrompe la coordinazione del primo movimento e induce un disordine nel movimento stesso che può sfociare in un urto scoordinato del trochite contro la volta. Se il dolore dorsale e/o costale (anche subclinico) è cronico (evento secondo e i nostri lavori [37-39] quasi costante), è possibile che questo meccanismo intacchi, faccia degenerare lentamente (e alla fine anche acutamente) la funzione e la struttura della spalla che in questo caso sarebbe la conseguenza ultima di un riflesso antalgico che si instaura per proteggere articolazioni vicine o lontane. In questo caso è di primaria importanza normalizzare il più possibile i segmenti che causano la disfunzione, il dolore e la conseguente reazione incontrollata. Secondo la nostra esperienza il rachide in toto, le sacro-iliache, le coste etc. vanno trattate praticamente in ogni s. da impingement e il loro trattamento deve sempre precedere quello della spalla (questo trattamento a distanza può migliorare da solo la fisiologia della scapolo-omerale, anche nelle forme acute). La miofibrolisi in queste strutture è fondamentale e può aiutare molto il trattamento.

-Il rachide dorsale alto e soprattutto cervicale medio vanno protetti e trattati con cura.

Nella sofferenza di spalla, anche traumatica specifica, il rachide, soprattutto alto, va sempre valutato e normalizzato nei limiti del possibile; non si può continuare a ignorare o a valutare superficialmente strutture così importanti e focalizzare l’attenzione e il trattamento solo sulla spalla; le possibilità di successo aumentano, quelle di insuccesso o successo parziale si riducono; alcuni interventi possono essere evitati e, se necessari, danno esiti molto migliori.

-Sottolineiamo l’importanza della restrizione articolare attiva e soprattutto passiva di tutti questi distretti nel determinare la patologia. In particolare la spalla presenta quasi costantemente una restrizione attiva e soprattutto passiva in flesso-abduzione [49,50,51], che va accuratamente valutata e trattata.

-Dati i limiti di spazio è impossibile parlare 1) degli scaleni(basta pensare ai loro rapporti con il plesso e i vasi del braccio, alla loro relazione con le vertebre cervicali da C2 a C7 e con le prime 2 coste); 2) dei complessi (grande  e piccolo);  3) degli spleni del capo e del collo  4) del trasverso del collo; 5) del sacro-lombare cervicale; 6) dei multifidi; 7) degli interspinosi; 8) degli intertrasversari; 9) dei muscoli suboccipitali (piccoli retti anteriori e laterali, piccoli e grandi retti posteriori; piccoli e grandi obliqui posteriori), 10) del grande retto anteriore del collo; 11) del lungo del collo; 12)dei muscoli sopra e sottoioidei;, 13) dei muscoli della masticazione, 14) dei muscoli dorsali etc.

Una buona fisiologia della spalla in genere presuppone un buon funzionamento di queste strutture che vanno sistematicamente valutate e normalizzate, anche con miofibrolisi (che in genere si rivela utilissima). E’ importante anche esaminare ed eventualmente trattare la motilità passiva e attiva del gomito, del polso, della mano etc. e riequilibrare le loro tensioni miofasciali.

Molti, es.[47,48] dicono di non operare il paziente prima di aver fatto  trattamento conservativo (fisioterapia, terapia manuale, esercizi a domicilio etc). [40,48] fanno una revisione della letteratura a questo riguardo. Chiaramente il trattamento della spalla sofferente, anche solo kinesiterapico manuale e con miofibrolisi, è ben più complesso ed esteso di quanto è stato possibile fare in questo lavoro

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